mercoledì 12 aprile 2017

Ritratti di confine - reportage dalla Turchia

1- L'arrivo in Bulgaria

È il momento. Ho questa illuminazione nell'attimo in cui apro di scatto le palpebre degli occhi e vengo abbagliato dalla luce del telefono. Sono le cinque meno dieci del mattino e so che dovrò infilarmi i vestiti freddi addosso e correre all’aeroporto a prendere il mio volo diretto per Sofia, capitale della Bulgaria. 

In quell’istante mi rendo conto che la giornata prenderà una piega diversa dal solito e i pensieri volano alti come nuvole leggere di viaggiatori baudelairiani.
Allora ripeto d’istinto i movimenti a cui sono abituato, senza prestare attenzione alla voglia che avrei di rinfilarmi sotto le coperte. Mi infilo il terzo paio di calzini e mi carico in spalla lo zaino. So bene che quando tornerò non sembrerà così pesante come adesso.  

La sera, al mio arrivo a Sofia trovo Julia ad accogliermi, un'allegra ragazza del posto che mi ospita grazie a Couchsurfing (sempre sia lodato). Dormirò nell’appartamento in centro, che di giorno usa come ufficio per la su NGO.
Conoscere una persona nuova e venire ospitati a dormire nella sua casa lo stesso giorno crea situazioni che non smettono mai di sorprendermi. Mentre penso a questo, inizio con calma a togliere improbabili peluche dal divano letto in velluto marrone. Julia ha avuto esperienza con più di 100 contatti su Couchsurfing, tutti viaggiatori provenienti da chissà quale parte del mondo hanno dormito prima di me su quel divano. Speriamo abbia lavato le coperte.

Comunque non male come primo giorno. 





2- Istanbul

Siamo nell’aspra terra bulgara quando ormai il buio ha inghiottito il paesaggio attorno a noi e l’autobus corre veloce seguendo il percorso di lampioni disposti in fila lungo l’autostrada.
Destinazione finale: Istanbul.

Dico “siamo” anche se qui dentro sono l’unico vero estraneo fra i turchi che mi circondano. Il personale è formato da grassi autisti che si alternano alla guida durante la notte, inflacciditi da un lavoro sedentario e sfibrante. Hanno occupato tutto lo spazio sul fondo del bus e per passare lungo il corridoio si mettono di fianco mentre servono del the ai passeggeri.
Dormire è praticamente impossibile quando due file di fronte a me sento un bambino che comincia a strillare, un classico di ogni viaggio. Proprio quando avevo cominciato ad abituarmi al suo pianto straziante e al movimento sussultorio del bus, vengo svegliato da dei ragazzi seduti vicino a me: siamo arrivati alla frontiera. 

Controllo la geo-localizzazione sul mio telefono e vedo che siamo esattamente dove i confini di Grecia, Bulgaria e Turchia si incontrano in un tripudio di geopolitica e controlli di frontiera.
In quaranta scendiamo dall’autobus mentre in aria si sollevano le nuvole dei nostri respiri che cominciano a tremare per il freddo e vediamo militari in lontananza con l’aria piuttosto incazzata che sorreggono dei mitra con entrambe le mani.  

Sono l’ultimo a cui viene chiesto il controllo e nella mia testa si imprime la fatidica domanda: ma siamo sicuri che basti la carta di identità per passare?
Che cazzo di ansia. Perchè doveva venirmi adesso questo dubbio?

Al controllo passaporti dentro un abitacolo siede un ragazzo giovane e senza barba. Allungo timidamente la mia carta di identità tutta stropicciata timbrata “COMVNE SCARPERIA E SAN PIERO” che mi strappa dalla mano.
Mi sento come un Etrusco alle porte dell’Impero Romano d’Oriente, di fronte a me: Costantinopoli.
Il ragazzo mi osserva con aria sospettosa ma poi mi restituisce indietro la mia carta insieme al visto di ingresso in Turchia. Con un gesto della mano mi fa cenno di oltrepassare la fatidica linea immaginaria segnata sull’asfalto e con uno scatto felino finalmente sono dentro l’Impero Ottomano: e daje!

Finisco presto di festeggiare perché ritornati in autobus aspettiamo altre due ore prima che ci venga chiesto di scendere nuovamente per ripetere tutta la procedura daccapo. Questa volta con l’aggiunta di metal detector e ispezione completa di tutto il bus.

Dopo aver aspettato più di due ore alla frontiera alla fine decidono di lasciarci passare e finalmente sento riaccendere il motore del bus.
La strada scorre liscia e ci addormentiamo tutti. Al nostro risveglio è già l'alba in Medio Oriente. 





3- Un thè con i siriani

È l’ultimo giorno del progetto a Maraş, nel Sud della Turchia, e sentiamo che questa città ha ancora da regalarci qualcosa di inaspettato.
Torniamo a visitare il quartiere siriano, un'area che si erge su una collina dove case grigie e senza tetti hanno cominciato come ad accatastarsi l’una sull’altra. Nei giorni scorsi avevamo già esplorato questa zona ma senza risalire le piccole strade che portano in alto, così con un piccolo gruppo iniziamo a camminare.



Sono tantissimi i siriani che vivono in questa zona, tutta la città di Maraş conta più di 400mila abitanti. Nella strada principale i ristoranti tipici siriani disperdono nell'aria l’odore di hummus e falafel, a cui ovviamente non abbiamo saputo resistere.




Risalendo per le vie secondarie incontriamo ragazzini che giocano a calcio e una bambina che disegna da sola con dei gessetti colorati sull’asfalto. Ci saluta con lo sguardo.
In questo momento accade qualcosa di inaspettato, quando un signore alla terrazza ci dice qualcosa nella sua lingua. Amina, una ragazza del nostro gruppo, grazie alla sua conoscenza del turco ci traduce quello che ha detto: siamo stati invitati ad entrare in casa sua!



Sui nostri volti si disegnano espressioni che dire stupite sarebbe un eufemismo. Non esitiamo un attimo ad accettare l’invito del signore che intanto ci indica da quale porta entrare.
Conduco la fila lungo delle scale strette costeggianti un cortile interno che è stato adibito a pollaio dai suoi residenti. Al piano di sopra veniamo salutati in una terrazza da un nutrito e inaspettato gruppo di persone che ci accolgono dentro casa loro. Ci invitano a toglierci le scarpe e sederci sul loro tappeto in salotto.

Il più entusiasta del gruppo è proprio il signore che ci ha invitati, evidentemente il capofamiglia. Ha una folta barba brizzolata e uno sguardo ipnotico. Insieme a lui ci saluta suo figlio più grande e i suoi due nipoti. Arriva anche sua moglie che dopo averci osservati attentamente ci chiede se vogliamo del the.
Faccio un po’ fatica a rendermi conto di dove sono finito e inizio a scattare delle foto per immortalare questa compagnia inaspettata.



Tramite Amina iniziamo a parlare con il nostro nuovo amico, che nel frattempo si accende una sigaretta. Ci racconta la loro storia incredibile mentre mostra le foto della loro casa distrutta ad Aleppo. È da un anno che sono scappati dalla Siria, tutta la famiglia al completo con donne e bambini. Ci racconta del loro contributo nella resistenza di Aleppo, dove ha combattuto insieme al figlio e suo fratello, fino a che non sono dovuti scappare.



Non ha un’aria triste mentre ci parla di queste cose, anzi. Dice di essere felice di averci incontrati e poter raccontare la sua storia a dei ragazzi giovani. Noi non possiamo che esprimere tutta la nostra gratitudine per la loro accoglienza e dopo mille saluti lasciamo la casa.
Non ricordo quanto siamo rimasti insieme a loro a parlare, ma una volta usciti rimaniamo tutti elettrizzati per questo incredibile incontro. Sentire la testimonianza di queste persone ed entrare nella loro casa è una cosa di cui nessuno di noi si sarebbe aspettato prima di partire. In assoluto uno dei momenti più emozionanti di tutto il viaggio.





























Testo e foto di Guido Paoli

venerdì 23 settembre 2016

Una esperienza di "moneyless travel" - conclusioni finali







L’esperienza in Spagna ormai è finita da tempo e in questi giorni di riposo sono progressivamente ritornato alla “normalità” fra gli agi di casa mia riprendendo la routine quotidiana. Questi giorni mi sono serviti soprattutto per riflettere e metabolizzare quello che è accaduto in questa breve (ma intensa) porzione della mia vita che ho deciso di trascorrere in Spagna senza un soldo in tasca e con il mio zaino da viaggio sulle spalle.

A conti fatti in tre settimane sono riuscito a percorrere oltre 2.500 Km senza aver speso neanche un centesimo e francamente solo questo mi basta per essere soddisfatto di me stesso. 






Non sono riuscito a portare a termine il progetto iniziale, ovvero fare il giro di tutta la penisola iberica senza soldi, ma poco importa. L’obiettivo di questa esperienza non era raggiungere quanti più posti possibili solo per mettervi delle bandierine. Posso dire di aver trovato quello che cercavo quando sono partito da casa: un insegnamento che spero di riuscire a trasmettere con questo messaggio con la stessa forza e chiarezza con cui mi si è manifestato mentre ero in viaggio







Terzani una volta scrisse: << Io questa vita me la sono inventata, mica cento anni fa, ieri l’altro. Ognuno lo può fare, ci vuole solo coraggio, determinazione, e un senso di sè che non sia quello piccino della carriera e dei soldi; che sia il senso che sei parte di questa cosa meravigliosa che è tutta qui attorno a noi. Vorrei che il mio messaggio fosse un inno alla diversità, alla possibilità di essere quello che vuoi. È fattibile, fattibile per tutti. Fare una vita, una vita. Una vita vera, una vita in cui sei tu. Una vita in cui ti riconosci >>.

É stato per me un buon punto di inizio per superare le difficoltà prima della partenza: lo slancio che mi ha consentito di fare quello sforzo mentale che, dalla sola e semplice idea di partire per un’avventura, mi ha dato la forza di passare all’azione e metterla in pratica.
L’aver superato questo momento di incertezza, in cui tutto può essere rimesso in discussione, mi ha fatto trovare il coraggio e la determinazione di cui parla Terzani, senza i quali non sarei neanche partito.
Sono io, ed io soltanto, a decidere di essere ciò che voglio.






Ho imparato che per viaggiare non esistono ostacoli, siano questi fisici o monetari. Esistono le difficoltà, queste sì, ma c’è sempre un modo per raggirarle. Gli ostacoli veri e reali sono quelli che noi stessi creiamo nella nostra mente: la paura, l’insicurezza, la rassegnazione e la sfiducia verso se stessi. 

Ho imparato questo sulla mia stesa pelle, quando fra me e la tentazione di farla finita, di mollare tutto e tornare a casa, non restava altro che la mia sola forza di volontà, la convinzione che per vivere pienamente immersi in una esperienza di viaggio non servono soldi, non servono comfort, ma che tutto dipende dalla nostra stessa determinazione a continuare, a mettersi alla prova superando le difficoltà che si presentano. 







Esiste come una forza attrattiva, che mi piace chiamare positività, ed è come una luce che dirige e indirizza il sentiero che percorriamo. Questa lega ed unisce i cammini delle persone in modi che non possiamo neanche immaginare. Non si può sperare di partire per un viaggio con lo spirito giusto se non si sente dentro di sé questa luce. E quando si incontra qualcuno che ha la stessa forza lo si capisce subito, lo si sente a pelle.

A volte quando cammino per strada e passa un vecchio signore che non conosco cerco di mantenere lo sguardo e scambiare un buongiorno. Anche dal volto più imbronciato si intravede un sorriso, come se questa luce filtrasse dalle crepe di un muro.

Posso dire con assoluta certezza che tutte le persone da me incontrate lungo questo viaggio -che mi hanno aiutato, che si sono fermate sul ciglio di una strada con la macchina, che mi hanno dato da mangiare o mi hanno ospitato nella loro casa- tutte queste persone avevano quella luce dentro di sè.
Se c’è una cosa che davvero ho apprezzato di questo viaggio è stato proprio questo: l’aver incontrato in un così breve periodo così tante persone che in modi diversi mi abbiano contagiato con questa positività.

Queste persone hanno saputo darmi più di quanto mi potessi aspettare e credo anche più di quanto fosse loro intenzione. 






































Non si può restare indifferenti ad esperienze di questo tipo, e non si può nemmeno ignorare tutto l’aiuto e il calore umano che mi è stato trasmesso.
Ho imparato a non diffidare del prossimo, che anche l’individuo più insospettabile è capace di gesti inaspettati






Ancora penso a quanto la fortuna mi abbia assistito quando, all'inizio del viaggio, per poco non mi sono trovato a Nizza la sera del 14 luglio, la sera in cui 84 persone sono state uccise in un attentato terroristico.
Vedere il giorno dopo quelle immagini terribili con la consapevolezza di potersi trovare in quel luogo è stata una cosa su cui ho riflettuto a lungo. 

Anche se viviamo in un mondo dove odio e diffidenza verso ciò che è diverso da noi si stanno diffondendo a macchia d’olio, sono convinto che parole come ospitalità e solidarietà ancora non hanno perso di significato, ma restano ancora per molti dei valori imprescindibili. 

Io non so quale domanda dovremmo porci per trovare una soluzione a questo problema, ma sono sicuro che la risposta sia viaggiare.








C’è una frase nel film “Into the wild” che mi ha sempre affascinato, ma non ne avevo mai afferrato pienamente il senso fino a che non ho fatto una esperienza di questo tipo.

<<Non mi servono i soldi, rendono le persone prudenti>>, così dice Alexander Supertramp dopo aver dato fuoco a le poche banconote a lui rimaste, mentre si allontana dalla sua macchina.

All’inizio ho sempre pensato a questo messaggio come un invito a compiere un gesto di imprudenza solo per il gusto di trasgredire le regole.
Ma penso che in questa frase buttata quasi a casaccio ci siano delle sfumature molto sottili e porti un significato più profondo della mia superficiale interpretazione. 

Quando ho deciso di affrontare questo viaggio ho dovuto riflettere molto sui pro e i contro e valutare i problemi che sarebbero potuti presentarsi e i benefici che avrei potuto trarre da questa esperienza.
Certo, rinunciare a certi comfort o anche solo la certezza di avere un tetto sopra la testa per la notte, non è stata una scelta che ho preso a cuore leggero.
Ma è stato solo mettendo da parte la "prudenza" -la paura di uscire dalla propria zona di comfort,  di confrontarsi, di mettersi alla prova- che sono stato in grado di superare le mie paure e intraprendere questo viaggio. 

A volte rimuginare troppo sulle scelte da prendere ci blocca e le nostre stupide paranoie ci paralizzano. Abbiamo troppi pensieri e alla fine decidiamo di non decidere. Ma con una buona dose di “spirito di adattamento”, niente in fondo è così complicato come sembra, basta solo lasciarsi andare facendo quello che ci piace fare e tutto prende forma







Ricordo la prima notte di questo pazzo viaggio, dove in un paesino della Francia ci siamo accampati per la prima volta. Ricordo una sensazione, troppo difficile e complessa da esprimere attraverso le parole, che provai prima di addormentarmi. Non ero preoccupato, anzi, mi sentivo felice. Felice di esser riuscito ad arrivare in fondo a una lunga giornata, felice di avercela fatta. Non aveva importanza cosa avrei fatto domani, fino a dove sarei riuscito ad arrivare e chi avrei incontrato, ero sicuro che in qualche modo sarei riuscito a cavarmela, e tanto bastava.
Oggi ce l’ho fatta e domani si vedrà. 

Ecco, provare questa sensazione, di incertezza e allo stesso tempo di leggerezza, è stato un momento che mi ha ripagato di ogni rinuncia e difficoltà che ho e avrei dovuto affrontare.
Poche volte nella mia vita ho dormito così serenamente.

P.S.
Anche se l’ho già fatto di persona ci tengo a rinnovare i ringraziamenti verso tutte le persone incontrate in questa esperienza:
Benjamin, Stefano, Miriam, Albert, Delphine, Augustin, Sandrine, Vanessa, Pierre, Berenice, Cecile, Raul, Fouad, Lourdes, Lium, Leandro, Pau, Teresa, Miguel, Mohamed, Mariasinta, Lateief, Jesus, Julio, Graham, Gabriela, Anita, Alex, Maria, Sonia, Carolina, Angelo, Saskia, Thierry, Riotom, Oscar, Lucia, Sergio, Fransisco, Edo, Manu, Pedro, Pedro, Ismael, Manuel, Antonio, Maria, Laura.

Grazie a tutti voi.




<<Il viaggio è fatale al pregiudizio, al bigottismo e alla ristrettezza mentale, e molti di noi ne hanno estremamente bisogno proprio per questo motivo. Le vedute ampie, sane e buone non possono essere acquisite vegetando per tutta la vita in un piccolo angolo della Terra>>
Mark Twain





martedì 2 agosto 2016

Diario di viaggio: giorni 15-20, ¡Adelante por la calle!

Giorno 15 -  ¡Adelante por la calle!

Juan questa mattina deve andare a lavoro, quindi ci alziamo entrambi alla buon'ora per fare una colazione con dei dolci tipici della Comunidad Valenciana.

Juan è davvero una brava persona e mi sono trovato molto bene con lui, sia per la sua preziosa conoscenza della città di Alicante che per le piacevoli chiacchierate.

Ma è arrivato il momento di salutarsi e mi faccio promettere che un giorno passerà da Firenze a trovarmi.

Mi accompagna frettolosamente fino all'autostrada perché sta ritardando a lavoro e mi lascia un pranzo a sacco da mangiare lungo strada, e per me è il massimo della felicità.






Oggi mi sento particolarmente di buon umore e approfitto del fatto che nessuno può sentirmi per cantare a squarciagola durante l'attesa.

Provo inizialmente a cercare passaggio da chi va diretto in autostrada ma cambio presto idea e provo sulla strada nazionale dove le macchine scorrono più lentamente ed è anche più trafficata.

I primi due passaggi che ricevo arrivano da muratori con il loro furgoncino. Il primo me lo offre Sergio, originario di Buenos Aires, che mi lascia per sicurezza anche il suo numero nel caso avessi bisogno di aiuto; il secondo Francisco e Eduardo che scherzano insieme a me.

Mi trovo ora in una zona della campagna spagnola nell'entroterra e a fermarsi è un ragazzo di 20 anni come me.
Rosendo rimane davvero molto stupito nell'ascoltare la mia storia e prima di farmi scendere insiste per portarmi a casa sua a vedere il suo campo di ulivi e conoscere sua moglie Jasmina.

Mi lascia una bottiglia di acqua ghiacciata per sopportare meglio il caldo asfissiante e tutti e tre ci facciamo una foto ricordo per celebrare questo incontro così inusuale.


Dopo altri due passaggi presi da dei tizi che si chiamavano entrambi Pedro e uno da un ragazzo che mi ha fatto sentire della musica ska spagnola davvero notevole, riesco ad arrivare a Murcia.

Provo ad andare ancora un po' avanti cercando di raggiungere Cartagena, ma dopo un'ora sono sfinito e capisco che è meglio non insistere, sono circa 8 ore che sto facendo autostop e per oggi basta così.

Non ho idea di dove passare la notte e provo in extremis a mandare qualche richiesta su Couchsurfing ma non ottengo risposte.

Decido così di visitare la città percorrendo le sue vie strette affiancate da alti palazzi con terrazze piene di fiori colorati.


Visito a piedi tutte le piazze principali e ormai è diventato buio. Ormai mi rassegno all'idea di dover dormire in tenda per stanotte e su Google Earth controllo quale sia l'area verde più vicina per accamparsi.

All'ultimo secondo, quando ero in procinto di andarmene, mi accorgo di aver ricevuto un messaggio su Couchsurfing da una persona che ha accettato la mia richiesta! Stento a crederci e quasi inizio a saltare dalla felicità!

Scrivo subito a Manu la mia posizione e mi risponde che verrà a prendermi fra poco in Plaça S. Domingo.

Corro a incontrarlo e insieme andiamo con una bella macchina sportiva verso casa sua.

Manu mi fa sentire subito a casa e nella sua terrazza beviamo una granita fresca mentre gli racconto della mia esperienza.

Insieme andiamo d'accordo e mi dà tanti consigli sulle prossime città che potrei visitare, che segno con attenzione sul mio taccuino.



Giorno 16-  la vita in Murcia

Dopo essermi riposato nel comodo divano nel salotto di Manu, al mio risveglio trovo Gor-K: il suo affettuoso Shar Pei che vuole fare subito amicizia.

Con Manu programmiamo la giornata e lascia a me decidere dove preferisco andare offrendomi tante alternative.

Saltiamo in macchina e andiamo insieme verso la Ciudad encantada, un sito spettacolare lungo la costa dove ammiriamo le famose rocce di argilla segnate dall'erosione del tempo.




Continuiamo il nostro tour e andiamo questa volta su una scogliera dove è possibile lanciarsi dall'altezza di circa 4 metri.
Con un po' di esitazione lascio andare prima Manu e subito dopo mi lancio anch'io. Che scarica di adrenalina!

Andiamo poi a rilassarci un po' in una spiaggia nudista abbastanza isolata e poco frequentata dove ho l'occasione di mostrare con fierezza il mio fisico da sgusciatore di vongole. 
È davvero una bella sensazione prendere il sole e fare il bagno "come mamma m'ha fatto", dà un vero e proprio senso di libertà!

Adesso però comincia ad esser tardi e decidiamo di ritornare a casa. Per la felicità di Gor-K apriamo il finestino posteriore dove può affacciarsi e prendere un po' di aria fresca.






A casa prepariamo una super-cena con falafel fatti in casa, verdure e delle salse buonissime!
Era da molto che non mangiavo così tanto.


Concludiamo la bella giornata andando in un posto davvero speciale: un punto panoramico dove osservare tutta la città! Una vista mozzafiato con un numero infinito di luci che resterei ad osservare per ore!

Una volta a casa restiamo ancora un po' nella terrazza di Manu parlando di tante cose.
Sono davvero colpito di come, nonostante la differenza generazionale, io e Manu viaggiamo sulla stessa lunghezza d'onda e pur vedendo le cose da due prospettive diverse la pensiamo allo stesso modo.

Colgo l'occasione per ringraziarlo, non solo per l'ospitalità ma per questi bei momenti che abbiamo condiviso e lo abbraccio con affetto (e anche una punta di commozione devo ammetterlo).





È per questo motivo che penso che piattaforme come Couchsurfing siano incredibili: ti permettono di conoscere e stringere amicizie durature con persone in tutto il mondo grazie al semplice gesto della condivisione (sia questa di un momento, una birra o una casa). Consiglio veramente a tutti di provarlo almeno una volta, non si può mai sapere cosa ne può venir fuori.



Giorno 17-20 Andalusia!

È tempo di salutarsi con Manu e Gor-K e riprendere il cammino, anche se questa volta con un po' di dispiacere.
Mi accompagna in una stazione di servizio fuori Murcia, che è la migliore per cercare passaggi in direzione di Granada.

Manu aveva ragione: dopo qualche tentativo andato a vuoto riesco a trovare un ragazzo diretto proprio a Granada!
Una vera fortuna perché la città è molto distante da dove sono io e servono circa 3 ore di macchina.





Una volta arrivato faccio subito un giro e tenti di nuovo la fortuna mandando qualche richiesta su Couchsurfing. Stavolta però è davvero tardi e non penso proprio che qualcuno possa leggere la mia richiesta in tempo.


Sul sito vedo che stasera è previsto il ritrovo settimanale degli utenti di Granada, aperto anche ai viaggiatori. Una buona occasione per conoscere un po' di gente e soprattutto non passare la serata da solo!

Il ritrovo è in un locale in centro, dove con diversi ragazzi e ragazze chiaccheriamo amabilmente davanti a una birra.

Alcuni decidono di andare verso il centro a sentire un concerto jazz, altri propongono invece di andare a mangiare qualcosa. Io opto per il secondo gruppo (perché mi restavano più simpatici a dir la verità) e ci separiamo.

Resto così in compagnia di Manuel, detto Lolo, Miriam (entrambi di Granada) e Dimitri (arrivato dalla Grecia).

Passiamo la serata insieme e, mentre mi accingo a guardare dove poter andare con la mia tenda, Manuel arriva in mio soccorso offrendomi uno spazio a casa sua per la notte.

Non voglio abusare della sua ospitalità ma insiste perché non vada a dormire in un campo, così accetto senza farmelo ripetere due volte.

A noi si uniscono altri ragazzi di Granada, amici di Manuel, e finiamo la serata al Puente Verde sulle rive del fiume leggendo alcuni passi di Lorca dal libro che ho portato insieme a me.

Si chiama "A la cinco de la tarde" e ci sono molto affezionato perché è in assoluto il primo libro che ho ricevuto quando ero bambino. Il giorno prima di partire, mentre preparavo lo zaino, me lo sono ritrovato tra le mani ed ho così deciso di portarlo insieme a me in Spagna.

Granada è la città in cui Lorca ha vissuto por molti anni e lui stesso disse:

«Granada es la única ciudad del mundo que entierra sus ríos y mata a sus poetas.»

Mi ci è voluto un po' prima di poter imparare questa frase grazie all'aiuto e alla pazienza di Miriam.

Ridendo e scherzando si sono fatte le 4 e andiamo tutti a casa. Con Manuel vado ad accompagnare fuori il cane (Troy) e come dei ninja entriamo in casa senza fare rumore per non svegliare le sue nipoti molto piccole.

La mattina usciamo insieme e prendiamo strade diverse. Ho la brutta idea di andare verso l'Alhambra proprio nel momento in cui comincia a fare più caldo. A fatica raggiungo la vetta della collina dove risiede la cittadella, una volta residenza di ricchi principi arabi.






Gironzolo per la città e la sera mi incontro con Maria, una mia cara amica conosciuta qualche mese fa a Cracovia mentre era in Erasmus e io stavo partecipando a un progetto di fotografia.

Insieme andiamo in una bella piazza a chiaccherare di quello che abbiamo fatto nell'ultimo periodo e dei nostri progetti futuri.
Dopo poco ci raggiunge anche Miguel, anche lui conosciuto nella stessa occasione in Polonia e andiamo tutti a mangiare qualche tapas.

Maria vuole farmi una sorpresa e portarmi in un posto speciale, così con la macchina andiamo tutti verso San Miguel Alto.

Non so bene cosa aspettarmi e appena scendiamo dalla macchina la vista è un vero spettacolo: un panorama a 180° su tutta Granada.





Gli occhi abbracciano l'orizzonte e le luci inondano completamente la città.
Mi prendo un momento per restare in silenzio. Ne ho avuti tanti fino ad ora, ma mai come questo. Mi fermo e penso a tutta la strada che mi sono lasciato alle spalle, ai posti meravigliosi che ho visto, le persone uniche che ho incontrato e tutto ciò che è successo affinché io arrivassi fin qui.
Che fantastica esperienza sto vivendo.

Penso a come ogni singolo sforzo, ogni difficoltà che ho superato, siano adesso ripagate dalla gioia di questo momento e a come tutto sembri così semplice visto da quassù.

Miguel inizia a suonare la chitarra che ha portato con sé e con Maria scherziamo su quella volta che ci siamo conosciuti: eravamo in ostello e io mi avvicinai a loro offrendogli una birra. Da lì abbiamo fatto conoscenza e siamo rimasti in contatto in questi mesi.
 Adesso siamo qui a condividere questa bella serata insieme.
Com'è strana la vita: a volte un gesto così piccolo può riflettersi sul nostro futuro in modi che non possiamo minimamente immaginare. 

Miguel con la sua chitarra suona tutta la sera, mentre restiamo seduti a osservare la città e le persone attorno a noi cantano insieme a noi.

Con Maria, che mi offre di restare da lei per la notte, andiamo verso casa e prima di salutare Miguel ci scattiamo una foto ricordo tutti e tre!






La mattina faccio conoscenza della sorella di Maria e del cane Brenda.  Facciamo una tipica colazione andalusa con pane tostato, pomodoro e prosciutto!

Maria mi accompagna fino a un benzinaio dove spero di trovare passaggio per Cordoba.
Con grande emozione si ferma un vecchio furgoncino stile hippie con dentro Laura, una ragazza olandese, che deve andare a Malaga.






Accetto il passaggio e salgo insieme a lei, felice di ritornare verso il mare.

Dopo qualche ora arriviamo a destinazione e Laura mi accompagna fino alla spiaggia.
Colgo l'occasione per fare un bel bagno e rilassarmi un po'.





Questa volta non penso che qualcuno possa aiutarmi e provo quindi a fare autostop per uscire dalla città. Malaga è molto grande e da quelli che ho visto gli spazi verdi sono lontanissimi dal centro.

Nessuno ha intenzione di fermarsi e comincia a fare buio. Provo a insistere ma stavolta la fortuna sembra avermi abbandonato del tutto.
Arrivo dopo aver camminato tanto in un'area verde vicino al mare, ma che si rivela essere una zona semi-paludosa e non appena vi metto piede cado in un'imboscata del mio più acerrimo nemico: le zanzare.

Scappo in preda alla disperazione, ma prometto a me stesso di tornare un giorno munito di tuta da apicultore e racchette elettrizzate per avere la mia vendetta.

A questo punto continuo a camminare verso il nulla e comincio seriamente ad accusare la stanchezza.
Arrivo nel polo industriale di Malaga e sono come in trappola: non c'è nessun campo in lontananza solo file infinite di fabbriche che emanano un odore terribile.

Sono veramente disperato e comincio a preoccuparmi per la mia incolumità perché  si intravedono le prime "signorine" che si affacciano sul marciapiede e una macchina, con un signore dalla faccia poco raccomandabile, si ferma accanto a me credendo probabilmente che fossi lì per prostituirmi.

A questo punto mi chiedo se sia il caso di utilizzare per la prima volta dei soldi per uscire da quella situazione, ma dico a me stesso di resistere fino a domattina e decidere sul da farsi.

Mi apposto dietro dei cespugli vicino a un benzinaio e letteralmente crollo al suolo dentro la mia tenda. Non sono molto convinto del posto che ho scelto ma non ho altra scelta.

La mattina mi sveglio alle 6 per andarmene il prima possibile da quel posto di merda.
Senza niente sullo stomaco da ieri cerco di fare autostop. Ma nemmeno oggi nessuno si ferma. In molti mi hanno detto che in Spagna è difficile fare autostop, ma finché la fortuna mi ha assistito ho preferito non ascoltarli.

Dopo circa due ore che tento di far fermare qualcuno il mio umore è bassissimo e non ho più forze.
Raccolgo il mio zaino e mi trascino per qualche kilometro verso il centro città.
Lungo il tragitto ho molto su cui pensare e alla fine prendo una decisione: usare la carta per le emergenze e togliermi da questo casino.

Ho pensato e ripensato più volte a un'alternativa, ma credo che provare a spingersi oltre il proprio limite sarebbe da pazzi e non avrebbe senso per quella che era l'idea iniziale di questo viaggio.

Sono sincero: avrei voluto resistere di più, ma penso che in questo modo avrei solo sciupato tutto e sono decisamente soddisfatto di esser sopravvissuto per ben 20 giorni senza spendere niente!

Adesso ho solo voglia di riposarmi un po' e rimettermi in forze per i prossimi giorni, con o senza soldi ho intenzione di finirlo questo viaggio!

Concludo la mia giornata sulle bianche spiagge di Tarifa in compagnia di un gruppo di ragazzi (due inglesi, un australiano e uno spagnolo) che bevono tutti come spugne e mi concedo una bella cena per festeggiare la fine di questa esperienza incredibile!

 Chapeau